Come prevenire i conflitti è la questione più importante.
Per intuire ciò è utile capire quali sono gli obiettivi di un conflitto, perché troppo spesso inizia una guerra in cui non si capiscono le finalità perché non vengono dichiarati gli obiettivi. Senza obiettivi in entrambe le parti non esiste un fine, e senza un fine non si può trattare per una tregua o un accordo. Questo aspetto non è affatto banale se pensiamo alla guerra in Ucraina o in Israele. Non siamo ancora in una guerra mondiale, ma rischiamo di caderci dentro proprio perché non troviamo uno scopo alle guerre.
La cosa buona è che tutte le guerre finiscono prima o poi, questo ce lo insegna la storia. Gli analisti geopolitici affermano che le guerre degli ultimi anni sono in realtà guerre di transizione egemonica: gli USA vengono di fatto sfidati in più parti del mondo e da diversi attori geopolitici, e stiamo probabilmente passando dall’egemonia dell’America a… non si sa.
Si perché nessun altro paese che sfida gli USA sembra sapere quali siano i propri obiettivi, neanche la Cina che è l’unica che ha le potenzialità per pareggiare almeno gli USA in futuro. Inoltre nessuno vuole davvero diventare la numero uno perché si è rivelata un’impresa impossibile perfino per gli USA.
Noi che facciamo parte come Europa all’impero americano, sempre più spesso siamo disorientati perché non abbiamo più un solo nemico comune, come ai tempi della guerra fredda contro l’URSS. Infine un rischio molto alto dei nostri tempi è rappresentato dagli algoritmi bellici che potrebbero prendere decisioni per noi. Nessun paese sembra intenzionato a lasciare il comando della difesa all’intelligenza artificiale: ma in futuro cosa succederà?
In questa nuova fare di Guerra Grande i teatri prioritari sono l’Ucraina, fra USA e Russia, il Medioriente, contro l’Iran, e l’indo pacifico contro la Cina che per fortuna ancora non è ancora un vero conflitto. Il problema è che non essendoci scopi realistici, la ricerca di una tregua o di una pace duratura è al momento impossibile. Si sta trattando fra le diverse diplomazie, ma la difficoltà a definire delle vere e proprie linee rosse in entrambe le parti rende il tutto complicato, e sembra che sia in Ucraina che in Israele la guerra possa diventare infinita. Bisogna che entrambe le parti in campo ragionino sul perché si combatte, così da poter arrivare a una fine della guerra.
Per questo è importante avere una strategia quando si intende affrontare un conflitto: oggi invece sembra che ogni guerra inizia non proprio all’improvviso ma senza un vero scopo. L’ultima guerra che ha avuto un inizio, un obiettivo dichiarato e ottenuto quello una fine e quindi un ritiro, è stata la prima guerra del golfo fra agosto 1990 e febbraio 1991 con George H. W. Bush (padre). Dopodiché tutto è diventato fumoso, con slogan irrealistici come “eliminare il terrorismo”.
Per avere una strategia è importante dirsi le cose come stanno, e la strategia è in funzione della geopolitica. A dir la verità negli USA non viene usata la parola “geopolitica” come avviene in Europa: loro prediligono la parola “strategia” ad indicare che per loro raggiungere il proprio obiettivo è più importante di fare un’analisi a tutto campo. La geopolitica affronta due aspetti: dare le corrette informazioni fra le parti in campo compresi i nei mass media, e ascoltare l’altro, elemento fondamentale per arrivare a un accordo.
Pensando all’Italia, nonostante le basi militari USA che abbiamo come quella a Sigonella in Sicilia, e che continuano ad essere un controllo sul Mediterraneo da parte degli americani, la presenza turca, russa e cinese nel “mare nostrum” e in Africa è sempre più evidente. Noi italiani siamo presenti da tempo a fianco di americani ed europei a difesa di diversi luoghi di conflitto. Tuttavia dobbiamo ragionare coi i paesi che hanno gli interessi convergenti ai nostri, primi fra tutti Francia, Germania e Spagna.
Su cosa ci focalizziamo quando vogliamo fare una strategia?