Parlando di strategia ho scelto quella americana per spiegare quanto è importante la scelta che ogni Stato compie per affrontare le relazioni con il mondo. Nel caso degli USA il punto di vista è globale, ma non crediate che paesi piccoli siano poco importanti da un punto di vista geopolitico.
Dopo aver mostrato la strategia degli USA con l’ex Unione Sovietica attraverso la figura di George Kennan, e dopo aver rivelato come il Presidente Eisenhower ha intrapreso un esercizio di gruppo per scegliere la futura strategia della Guerra Fredda, oggi parliamo di come l’America di Nixon ha iniziato la strategia con la Cina di Mao attraverso Henry Kissinger.

“Mr. K” è forse considerato il più spietato realista della contemporaneità. Come Mr. X (Kennan) anche il diplomatico Kissinger crede che l’ordine non è nelle cose ma è continuamente ricostruito. L’ordine mondiale è un ideale mai pienamente raggiungibile, ma l’azione di uno stratega o un geopolitico deve tendere sempre all’ordine. Mentre Kennan basava la sua strategia su una profonda conoscenza del nemico, per Kissinger invece ha una base più teorica e filosofica: l’obiettivo è evitare il caos, rappresentato ancora oggi dall’utilizzo dell’atomica o dell’intelligenza artificiale, che usate senza criterio potrebbero portare alla fine del mondo.
Esiste un’eterna contraddizione: da una parte ogni epoca è organizzata da una grande superpotenza, dall’altra la vita di ogni sistema internazionale è precaria. Egli afferma nel 1979 in White House Years: “con geopolitico intendo un approccio che presti attenzione alla necessità dell’equilibrio”.
“In America c’è una tradizione idealistica che vede la politica estera come una lotta tra il bene e il male. Poi c’è una tradizione pragmatistica che cerca di risolvere “i problemi” solo nel momento in cui sorgono. Infine c’è una tradizione legalista che tratta le questioni internazionali come se fossero dei casi giuridici. Insomma, in America non c’è tradizione geopolitica” (p. 915)
Per lui bisogna sempre creare un ordine mondiale, sapendo che, come dice un proverbio spagnolo con cui conclude il suo Diplomacy del 1944: “non ci sono strade, le strade si fanno camminando” (p. 836).
Tutto questo è molto chiaro quando l’America di Nixon decide di allacciare i rapporti con la Cina: l’obiettivo era quello di privare l’Unione Sovietica del suo maggiore alleato con cui i rapporti già si erano deteriorati e accelerarne così il declino. Kissinger va segretamente in Cina nel 1971 e conosce Zhou Enlai, Primo Ministro e grande diplomatico, e scrive un importante memorandum con le sue impressioni:
“Durante il nostro incontro sono state due le qualità dei cinesi che mi hanno colpito: la loro tensione filosofica e la loro forza interiore. (…) I cinesi sono persone con convinzioni profonde. Ovviamente siamo divisi da loro da profonde differenze ideologiche. Tuttavia essi sono evidentemente intenzionati non solo a normalizzare le relazioni con noi, ma anche a promuovere un rapporto di amicizia e collaborazione” (Kissinger, Il mio viaggio in Cina, 1971)

Scrive considerazioni anche sulle richieste cinesi a proposito di Taiwan, Indocina e Giappone, e già da allora Kissinger evidenzia una modalità che ancora oggi la Cina di Xi Jinping presenta al mondo:
“I cinesi amano dipingersi come puri, privi di quelle ambizioni che caratterizzano le grandi potenze, le quali non hanno fatto altro che generare tumulti in giro per il mondo, così creando problemi per loro stesse. Preferiscono presentarsi come coloro che guidano le nazioni meno potenti e fortunate”
Grazie a quell’incontro tra il 21 e il 28 febbraio 1972 il Presidente Richard Nixon effettua lo storico viaggio in Cina in cui conosce Mao Zedong e Zhou Enlai. Famosa la foto mentre mangia cibo cinese, sapendo da Kissinger quanto è importante per i cinesi la convivialità a tavola.

La Cina comunista sceglie il capitalismo.
Quanto è importante comprendere gli eventi e stabilire una strategia capace di adattarsi ad essi?