33 – La negoziazione geopolitica

Esistono quattro fasi di ogni negoziato geopolitico: l’analisi, gli strumenti a disposizione, la scelta della lingua e le azioni da intraprendere.

L’analisi è il punto di partenza e deve essere fatta prima di sedere al tavolo della trattativa. Al di là di quali e quante persone siedono a quel tavolo, per arrivare a un trattato ed evitare che la guerra ricominci, bisogna tenere presente che il potere della coalizione, se esiste, è fondamentale. Se uno Stato rappresenta altri Stati che si sentono a lui affini e che lo appoggiano, questo è avvantaggiato rispetto a chi non ne ha. Vale anche nelle trattative in tempo di pace in cui bisogna far valere un’impostazione piuttosto che un’altra, come avviene ad esempio in Europa.

Gli strumenti a disposizione sono diversi, ma quello che deve essere utilizzato per forza è la cartografia. Tutte le carte sono false, non solo perché riportano una dimensione tridimensionale a una forma bidimensionale, ma anche perché sono fatte dal punto di vista di chi le propone e quindi con il proprio modo di vedere l’area in questione. Ancora oggi la punta del Monte Bianco è contesa fra francesi e italiani ad esempio. Inoltre è importante che le fasi della trattativa restino nascoste: questo sta diventando sempre più difficile perché spesso gli interlocutori bramano a mostrare la propria negoziazione attraverso fughe di notizie, compromettendo così i risultati.

La scelta della lingua da usare durante la trattativa non è casuale perché la lingua è potere: chi è davvero padrone della lingua e che capisce tutti i dettagli e sfumature, è padrone dei codici interpretativi. Per esempio nelle trattative fra francesi e tedeschi ancora oggi si usa il francese come retaggio della sconfitta della seconda guerra mondiale, cosa che scoccia molto ai tedeschi. L’interprete va sempre utilizzato perché far finta di non aver capito, dà il vantaggio tecnico durante la traduzione di prepararsi la risposta: questo si chiama tempo di gioco, usato spesso nei confronti dell’inglese sia da Putin che da Xi Jinping. Attenzione però che la scelta dell’interprete è fondamentale perché può distorcere la lingua e quindi le parole dei negoziatori facendoli sembrare diversi: anche l’interprete non è mai neutrale.

Le azioni sono tutto ciò che devo fare per portare a casa il miglior risultato possibile. La cosa più importante però è che chi è padrone del tempo è padrone dello spazio: questo significa che chi fra le parti può tirare più per le lunghe la trattativa, anche sotto forma di guerra, è sicuramente quello che alla fine otterrà più territorio. Vuol dire che chi ha i mezzi militari, le risorse economiche e la migliore capacità di convincere il proprio paese che per un bene superiore si può continuare ad aspettare, quello otterrà ad esempio più terra e soprattutto quella che per lui ha più valore. Quindi la definizione del tempo della trattativa è fondamentale, per entrambe le parti.

Un metodo che usano i popoli per rivendicare un territorio è quello di utilizzare l’archeologia per legittimare attraverso la storia i diritti di possesso. Portare alla luce reperti antichi anche sacri, che dimostrano che quella terra era posseduta in passato da un popolo prima di un altro, è il metodo usato da diverse popolazioni per rivendicarla. Fanno così israeliani e palestinesi per delegittimare la presenza dell’altro nello stesso territorio: proprio per questo la soluzione dei due stati non è mai stata voluta da nessuno dei due contendenti.

Infine la percezione del nemico e gli stereotipi reciproci sono spesso fondamentali in una trattativa perché determinano distorsioni. Ritenersi superiore all’altro, o chiedere rispetto manifestando così un senso di inferiorità, sono due atteggiamenti sbagliati che bloccano le trattative. Ne è un esempio l’atteggiamento di Putin che chiede spesso una trattativa “fra pari”, mostrando così che non si sente percepito come tale.

Quali sono gli aspetti più rischiosi in una trattativa?

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