34 – Codici negoziali

Abbiamo visto che anche il negoziato geopolitico è uno spazio competitivo basato però sulla dialettica, in cui è fondamentale chiedere cosa si vuole alla controparte e capire gli interessi dell’altro. Ma la cosa su cui non si deve transigere è la mancanza di rispetto della propria identità.

È importante quindi conoscere gli usi e costumi dell’altra parte e in questo l’intelligence, cioè “leggere dentro di noi e dentro l’altro”, è un’attività utilissima. La parte anche informale di un negoziato e quindi pre-negoziale, è un presupposto fondamentale. Bisogna tenere presente che anche in caso di pace, non tutte le parti in causa potrebbero essere felici: anzi ci potrebbe essere qualcuno che ha perso a tal punto da conservare un senso di vendetta che è già esso il seme di un successivo conflitto e che quindi mostra che quella pace non era reale. Basta pensare alla trattativa di pace dopo la Prima Guerra Mondiale e a come la Germania abbia nutrito fin da subito un senso di sconfitta troppo dura e quindi ingiusta, che ha creato il presupposto per quello che poi è stato il Terzo Reich di Hitler e lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale dopo solo 30 anni dalla prima.

Ecco perché il modo di raccontarsi e l’onore è fondamentale affinché un negoziato geopolitico abbia successo.

Voglio ora parlarvi dei codici negoziali portando ad esempio il modo di trattare degli USA rispetto a quello della Cina, la seconda potenza mondiale e l’unico attore geopolitico che potrebbe in futuro scalzare gli Stati Uniti nella competizione all’egemonia globale, o almeno questa è l’intenzione di Xi Jinping per il centenario dalla nascita della Repubblica Popolare Cinese cioè nel 2049.

Ciascun paese ha dei tratti distintivi in ambito negoziale: per esempio la definizione del luogo e del tono che si vuole dare alla conversazione, le tattiche manipolative, il percorso e il ritmo che si vuole dare al dialogo. Nel campo negoziale ci sono culture focalizzate sull’esclusivo raggiungimento dell’accordo, e ci sono invece altre culture che si concentrano sulla relazione che genera l’accordo e che rimane dopo l’accordo. Le prime attribuiscono fiducia alla controparte in base all’ente o all’azienda che rappresentano e non alla persona: è il caso degli Stati Uniti e dell’occidente in cui l’obiettivo è firmare l’accordo, e la mia credibilità dipende dall’ente a cui appartengo. Poi c’è un altro tipo di cultura che volendo semplificare attribuisce credibilità alla controparte in base al rapporto interpersonale, cioè cerca di instaurare un rapporto di fiducia con la controparte in base alle relazioni personali, e non tanto in base all’ente di cui fa parte, e non considera l’accordo il punto di arrivo ma l’accordo è il punto di partenza. La Cina rientra in questa categoria.

È evidente quindi che nella trattativa più importante al mondo, nel G2 che conta più di tutti cioè quello fra USA e Cina che appartengono a categorie così diverse se non opposte, si rischia di non capirsi e che la trattativa possa andare male. Infatti se per una delle parti è importante diventare amici (la Cina), è chiaro che l’accordo può anche cambiare in corso e modificarsi nel tempo. Per questo gli occidentali possono considerare i negoziatori cinesi come indiretti e disonesti, mentre i cinesi tendono a vedere gli occidentali (USA) come troppo aggressivi e informali.

Ad esempio per i cinesi il tempo prima del negoziato è già parte del negoziato: trovarsi a tavola, mangiare e avere conversazioni informali è fondamentale per sviluppare questo rapporto interpersonale. Molto importante è concordare e seguire un protocollo: i cinesi usano l’interprete che parla a bassa voce in segno di rispetto, ed è uno strumento geopolitico usato per avere più tempo per riflettere sulla risposta.

Queste sono i principali aspetti e quindi l’esempio più stridente fra due modi di negoziare e quindi due codici negoziali diversi che nascondono strategie opposte.

Quale fra queste due senti più vicina o simile a te?

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