Lo sport è a tutti gli effetti una leva geopolitica. Gli Stati che possono vantare risultati sportivi dei loro atleti a livello internazionale non fanno altro che promuovere la propria Nazione con il loro soft power, cioè il potere di convincere e attrarre tramite cultura, valori e istituzioni come appunto lo sport.
Le competizioni sportive mondiali sono da tempo l’occasione per gli atleti di mettere alla ribalta temi e valori. Ricordiamo i giochi olimpici del 1968 in Messico soprattutto per l’immagine dei i due velocisti americani John Carlos e Tommie Smith, che avevano vinto il primo e il terzo posto ai 200 metri. Al podio delle medaglie alzarono in pugno chiuso e abbassarono la testa per mostrare al mondo la loro battaglia contro il razzismo.
Quest’anno 2024 le Olimpiadi di Parigi sono l’occasione per gli Stati partecipanti di mostrare la loro potenza, ma ci sono state anche occasioni di difficile gestione. La delegazione della Palestina ad esempio ha rappresentato imbarazzo riguardo la loro esistenza come Nazione riconosciuta. C’è stata anche la delegazione dell’isola di Taiwan, la Repubblica di Cina, che ha fatto parlare di sé. Per non suscitare scontri con la Cina che non la riconosce come Stato indipendente perché considera quel territorio come proprio, ha dovuto chiamare la propria delegazione “Taipei Cinese”, cioè con il nome della sua capitale adattato ai giochi olimpici.
Gli Stati fanno a gara per ospitare e organizzare le Olimpiadi nei loro paesi: sono un’ottima vetrina per mostrare la floridità dei propri paesi e per attrarre altri Stati. Le Olimpiadi del 2024 organizzate a Parigi si possono considerare l’occasione della Francia di Macron di mostrare la propria efficienza e il desiderio di restare una potenza a livello globale, nonostante la perdita di influenza in Africa a vantaggio della Russia e Turchia.
Durante le Olimpiadi si cerca da sempre di bloccare tutti i conflitti proprio per non creare disordini durante la competizione: inoltre da due anni la Russia è esclusa da tutte le competizioni sportive internazionali per l’aggressione in Ucraina.
Tuttavia a volte succedono fatti importanti in coincidenza con le competizioni sportive, quando sport e geopolitica si intrecciano. È il caso delle Olimpiadi Invernali di Pechino nel 2022, quando Putin e Xi Jinping dichiaravano la loro “amicizia senza limiti”: subito dopo la Russia il 24 febbraio ha invaso l’Ucraina mettendo in imbarazzo la Cina.
Lo sport che nel mondo occidentale attrae più tifosi, introiti economici e visibilità geopolitica è senza dubbio il calcio. Riuscire ad aggiudicarsi i mondiali di calcio nel proprio paese è sintomo di potenza. Basti pensare alle ultime competizioni svolte in Qatar dal 20 novembre al 18 dicembre 2022: quell’assegnazione verrà ricordata per lo scandalo per corruzione detto qatargate in cui furono coinvolti membri del parlamento europeo.
Capendo quanto è importante utilizzare la leva dello sport come promozione del proprio soft power, i paesi arabi negli ultimi anni hanno investito in diverse squadre di calcio straniere. L’Arabia Saudita ha creato campionato di calcio col nome Roshn Saudi League, che nel 2023 è stato trasmesso in Italia sulle reti di La7.
In Italia tutti ricordiamo l’annuncio del 27 agosto 2023 quando il notissimo allenatore di calcio Roberto Mancini è diventato commissario tecnico della nazionale dell’Arabia Saudita fino al 2027, cosa che ha suscitato grande scalpore.
Il calcio è quindi un ottimo strumento di soft power e sempre più spesso viene utilizzato in tal senso soprattutto dai paesi che vogliono mostrarsi come nuovi attori geopolitici a livello globale. La vittoria per l’assegnazione di Expo 2030 a Ryad, capitale dell’Arabia Saudita (mentre Roma arrivò terza), è un altro esempio di soft power: le motivazioni sono geopolitiche non solo economiche.
Avevate mai pensato a come anche il calcio è un mezzo geopolitico e come tale viene utilizzato dagli Stati?