Lo abbiamo già detto: lo scopo non evidente ma prioritario della geopolitica è evitare il caos e quindi mantenere ordine fra gli Stati e possibilmente rafforzarlo ed estenderlo. Ma cosa significa ordine e caos?
Abbiamo già visto nell’articolo 25 “Le tre aree di conflitto del mondo” che esistono come due aree ben definite nel mondo: una di tipo ordinata, e quindi con Stati più o meno democratici, senza conflitti traumatici e con economie stabili, e una di tipo caotica dove regna il disordine politico con conflitti e guerre, con economie in deficit e le popolazioni sono spesso in balia degli eventi. Ordolandia e Caoslandia vengono definite da Limes, ed in effetti è un buon modo per chiarire la situazione a livello globale.
Eppure nonostante la definizione generale sia corretta, le cose stanno cambiando anche a velocità supersonica visto quello che sta accadendo dall’elezione di Trump. Si perché ormai questo che viviamo è un periodo non solo instabile perché conflittuale, ma anche imprevedibile, vista la transizione egemonica degli USA che da un’iper globalizzazzione promossa da Bill Clinton si sta passando dopo 30 anni a un iper protezionismo voluto da Trump. Due modi opposti di vedere il ruolo dell’America nel mondo, ma soprattutto due modi opposti di vedere gli americani al loro interno prima di tutto.

Anche se i conflitti nel mondo sono di fatto aumentati negli ultimi 15 anni passando a circa 54 fra i più grandi e i più piccoli, il vero problema sono quelle tipologie nuove di conflitti che rendono anche gli Stati più stabili e ricchi indeboliti e con popolazioni impaurite. Sto parlando delle guerre tecnologiche ovviamente, ma soprattutto delle guerre d’immagine: mi riferisco al video postato da Trump sulla nuova visione della striscia di Gaza fatta con l’intelligenza artificiale (con Netaniahu e Trump in costume e pioggia di dollari sulle spiagge). Ecco che non stiamo parlando di attacchi armati, ma sono a tutti gli effetti delle “bombe” lanciate contro paesi che non la pensano come loro.

L’ultimo tipo di guerra è quella dei dazi anche questa creata da Trump, o meglio da tutto il suo staff più stretto. Questa guerra è molto più pericolosa perché i mercati per funzionare devono essere stabili, addirittura in un certo modo prevedibili; invece con picconate come quelle a cui stiamo assistendo, al di là di cosa esattamente stanno colpendo gli USA, ecco che tutti i paesi di Ordolandia si stanno sentendo instabili esattamente come se fossero quei paesi della zona di Caoslandia, con però lo svantaggio che non sono abituati ad effetti dirompenti, né a sacrifici come quelle popolazioni che vivono da sempre nelle zone di conflitto.
Questo è purtroppo l’effetto più subdolo, perché cosa porterà questa guerra dei dazi nessuno può davvero prevederlo, ma quello che sta già accadendo, proprio in Europa, è la paura di spendere e di investire nel futuro. Aggiungiamoci poi che gli europei hanno un’età mediana di 43 anni, con punte di 48 in Italia, ecco che il vero guaio è la difficoltà di pensare o meglio ripensare il futuro da parte di chi ha paura del presente.

Tutto questo per dire che se si fanno scelte politiche senza riflettere su ciò che può accadere aumenta il disordine, perfino il caos, e quelli che erano un tempo nemici diventano amici per forza di cose. L’esempio più eclatante è il recente “avvicinamento” fra Giappone, Corea del Sud e Cina che mai nella storia erano state vicine, eppure la politica trumpiana di questi primi 100 giorni di secondo mandato hanno già portato come effetto di “regalare” alla Cina una parte dell’asia, cioè proprio quello che non si era mai voluto.
Mai come in questo periodo, in cui per di più esistono algoritmi che possono simulare molte situazioni, chi si occupa di politica deve prima di tutto riflettere in modo geopolitico: e invece mai come in questo periodo constatiamo che i governi e i leader non ragionano in modo strategico, e gli effetti sono evidenti.
Come reagire ai nuovi tipi di guerra?
La domanda sorge spontanea: perché, almeno appartenente, non ragionano in modo geopolitico?
Perchè è più difficile, tutto qui. Pensare, analizzare e agire in modo geopolitico significa prima di tutto pensare a una propria strategia interna allo Stato ed esterna, e poi metterla in pratica. Facile a dirsi ma difficile a farsi, perchè i livelli di istruzione stanno in realtà diminuendo in tutto il mondo occidentale, le classi dirigenti politiche non sono costituite dalle migliori menti che preferiscono lavorare nel privato anche per motivi economici, inoltre chi fa politica anche per questi motivi è guidato dai consensi soprattutto del proprio elettorato. Questo è il ptroblema: ma iniziare a studiare geopolitica, farla diffondere il più possibile soprattutto fra gli studenti, è un buon modo per opporsi alla deriva e creare strade alternative e costruittive. Grazie per la domanda Katia!